Triggiano (Bari). Incontri con l’autore lunedì 24 ottobre, ore 18.30, nella sede della Scuola d’Inglese English Exspress, in via Lanza 30. Ospite Francesco Spilotros e i suoi *“Racconti Popolari Peuceti”,* edito dal Centro di aiuto alla vita. Introduce Angela Presicci. Dialoga con l’autore Maria Sportelli.
Sinossi. Anche Mola ha i suoi racconti popolari. Nel corso degli ultimi dodici anni, Francesco Spilotros li ha raccolti e trascritti direttamente dalla voce dei nostri anziani, custodi indiscussi di un tesoro inestimabile, quello delle nostre origini. Sì, perché ogni società ha i suoi cantori, coloro che per tradizione o per vocazione si fanno portatori di determinate esperienze e le tramandano alle successive generazioni.
Nelle antiche società arcaiche la funzione del narratore era fondamentale, perché i racconti e le fiabe avevano un valore formativo per i giovani che si apprestavano a diventare adulti. Ai bambini si raccontavano storie che avevano il compito di prepararli alla vita prima di affrontare i riti di iniziazione.
Questi racconti sono stati in parte già pubblicati durante gli anni da Francesco Spilotros, sull’edizione cartacea di Città Nostra o, solo un piccolo numero, inseriti dalla professoressa Lucia Fiume in suo lavoro di tesi con il professor Daniele Giancane. Sono racconti che esprimono la saggezza popolare, a volte deridendo anche “l’altro”, ma nascono da esperienze di vita, da fatti realmente accaduti non tante generazioni fa.
Sono storie che si raccontavano dopo una giornata di duro lavoro, nelle sere d’estate all’aperto o nelle lunghe sere invernali, quando ci si trovava a chiacchierare davanti al braciere acceso. Secondo S. Tompson, la «grande somiglianza di contenuto tra i racconti di popoli testimonia la sorprendente e sconcertante disseminazione in tutte le parti del mondo degli stessi tipi di Fiaba e degli stessi motivi narrativi» (Tompson, 1967, p. 21).
Però, in questo lungo cammino, il testo fiabesco si modifica gradualmente, nel senso che si carica della vita del luogo in cui viene narrato, riflettendo quindi le abitudini, i costumi, le tradizioni di un preciso ambiente geografico e sociale. La fiaba, dunque, sia essa originaria del posto o proveniente da realtà lontane, «è soggetta ad assorbire qualcosa del luogo in cui è narrata, un paesaggio, un costume, una moralità, o solo un vaghissimo accenno o sapore di quel paese» (Calvino, 2002, p. XXI). Ed anche la trasposizione scritta, seppure affievolisca i toni dell’espressione orale, «non arriverà mai a cancellare il suo carattere nativo, perché riflette il modo di parlare, di vivere, di lavorare della gente di una particolare zona geografica»(Coltro, 1987, p. 29). Coltivare la memoria storica del nostro territorio è fondamentale e rappresenta un’operazione volta non solo a tornare indietro con la memoria ma anche a capire che il mondo descritto in queste pagine era fatto di sapienza antica e soprattutto di poesia. Quella poesia di cui oggi, nei nostri ritmi convulsi, tutti sentiamo un grande bisogno.
Alcuni di questi racconti sono molto noti e chiari nella memoria dei nostri concittadini, altri sono solo parzialmente presenti, magari con dei modi di dire entrati a far parte delle espressioni che, per esempio, gli adulti usano per giocare con i bambini: ce vole a carne du purche, uè?! Questa, infatti, è la frase conclusiva di uno dei due finali con cui termina la storia di Mba Tré cchêule. Alcuni racconti ridicolizzano la figura femminile e altri ancora quella maschile: il marito che si era abituato a mangiare il sugo bruciato, non riesce ad assaporare e ad apprezzare il buon sugo cucinato con amore e attenzione. Altro argomento preso in esame dalle nostre storielle è la riservatezza, vale a dire la *privacy*, argomento molto attuale e sempre scottante. Alcuni racconti restano enigmatici, criptici. Di essi non si riesce ad evincere un chiaro significato per cui si fanno portatori di diverse interpretazioni, mentre altri ancora sono brevi dialoghi anch’essi non facilmente intellegibili. La copertina e le immagini che impreziosiscono il testo sono della docente Teresa Spagnuolo.