Taranto. «Danneggiano i campi, distruggono protezioni, infrastrutture e colture. Minacciano i centri abitati e mettono a repentaglio la sicurezza stradale. L’emergenza cinghiali in Puglia e nel Tarantino ormai è fuori controllo. Non è una novità ma adesso la misura è davvero colma».

L’area Due Mari di CIA Agricoltori Italiani di Puglia torna a sgolarsi sul tema “fauna selvatica”. Alla luce degli ultimi episodi registrati nel Tarantino, con branchi di cinghiali affamati in pieno centro a Castellaneta Marina e in azione distruttiva nelle campagne limitrofe, la CIA batte i pugni sul tavolo contestando aspramente una serie di rimpalli di responsabilità che finora, purtroppo, non ha fatto altro che mortificare il territorio.

Settore agricolo in ginocchio, percezione di sicurezza sotto i tacchi sulle strade provinciali e comunali-rurali, in particolare al calar delle tenebre. Paura nei centri abitati e primi segnali d’allarme per il settore turistico in vista dell’imminente avvio della stagione estiva a Castellaneta Marina e Marina di Ginosa.

«I cinghiali imperversano indisturbati, sono in continuo aumento e ormai raggiungono porzioni di territorio, centri abitati compresi, fino a poco tempo fa mai intaccate dall’emergenza.

Il tutto avviene quotidianamente mentre solite lungaggini burocratiche frenano l’azione dei tanti attori coinvolti nella vicenda: il Governo, la Regione, gli Atc, le associazioni venatorie. Meriterebbero un capitolo a parte, invece, gli “spettatori da divano” iscritti alle tante associazioni ambientaliste e animaliste: la loro arcigna difesa dei cinghiali cozza inesorabilmente non solo con la tutela del comparto agricolo ma anche con la sicurezza stradale, la salute e l’incolumità fisica dell’uomo. Pontificano, sentenziano e agiscono con i paraocchi, sottovalutando invece il danno ambientale che un animale onnivoro e non originario del nostro territorio (è giusto ricordarlo) può causare alla nostra vera fauna e microfauna selvatica (volpi, tassi, istrici, faine, lepri, ricci, ecc..)». 

Di questi ultimi aspetti e di tanto altro ancora se ne parlò esattamente un anno fa nel corso di un convegno sulla fauna selvatica organizzato dalla CIA alla presenza di ospiti illustri: politici, dirigenti regionali e docenti universitari asserirono che l’emergenza cinghiali in Puglia aveva ormai assunto i connotati di una vera e propria pandemia.

«A distanza di un anno la situazione è drasticamente peggiorata e i numeri sono in continua ascesa. Abbiamo anche registrato incidenti mortali causati da attraversamenti killer di cinghiali e non riusciamo ancora a comprendere il perché di reiterati scaricabarili tra chi ha la vera competenza nella gestione di questa emergenza.

In Puglia, le attività di abbattimento selettivo non sono ancora state avviate perciò è evidente che qualcosa non ha funzionato. Notizia dell’ultim’ora è che, probabilmente, partiranno il prossimo 19 marzo e si concluderanno il 15 luglio. Per ora, si potrà cacciare solo con la tecnica dell’appostamento fisso e pertanto ci chiediamo se tali disposizioni basteranno a contenere l’intera emergenza.

E mentre continua il ping-pong tra Regione e ATC circa le aree rurali in cui si potrà cacciare, i cinghiali ormai hanno raggiunto pericolosamente i centri abitati.

Non c’è più tempo da perdere: la politica ha il dovere di rispondere subito con responsabilità ed atti concreti. Bisogna dare vigore al piano di abbattimento varato dalla Regione Puglia e ognuno deve fare la propria parte anche per snellire un iter forse troppo farraginoso e semplificare le procedure di difficile applicazione. Alla luce di quanto descritto una domanda sorge spontanea: non è che le procedure burocratiche vengano sempre di più rese farraginose per scongiurare la reale applicazione in campo del piano di contenimento, per non scontentare ambientalisti ed animalisti?